mercoledì 1 marzo 2017

Un giorno normale






Lascio il lavoro a metà. Mi metto le scarpe più comode che ho ed esco di casa. Oggi vado a camminare.
Questo sole, dopo la pioggia di ieri, mi fa solo bene. La brezza mi accarezza i capelli. Non fa freddo.
Cammino lungo la strada che parte da dietro la mia casa e conduce a quella principale che porta al Santuario del Varallino, un viale lungo, alberato, che in estate inebria i sensi con il profumo dei tigli. 
Non c'è traffico, tuttavia il silenzio non è silenzio. Da lontano mi giunge una vocina di bambino. Tra i rami, il cinguettio dei passeri mi tiene compagnia. Un aereo attraversa il cielo e penso che non vorrei essere da nessun'altra parte se non qui.
A nord, le Alpi abbracciano la pianura. Verso sud, si scorge la dorsale appenninica. 
Questo è un posto di pace.
Mentre ritorno, ringrazio in cuor mio per questo giorno che non ha nulla di speciale, ma che per me è straordinario. Ringrazio per questo momento, per il crepitio dei miei passi lungo la sterrata, che non è la stessa strada dell'andata. Ringrazio per il lento scorrere dell'acqua; per i moscerini sospesi nell'aria; per le campane in lontananza, per il profumo di non so cosa, ma che sa di buono.
Sul colmo del cavalcavia, riconosco, laggiù, la mia casa: eccola! È dietro a quella bianca. Riconosco l'albero in fondo alla strada, per la sua chioma, nuda e perfetta.
Seduta sulla panchina del parchetto, mi lascio sfiorare dal sole. Rimango fino a quando va a nascondersi dietro ai tetti e le ombre si proiettano incredibilmente lunghe per terra. 
A malincuore riprendo la strada verso casa, proprio come quel bambino che dice alla nonna di voler rimanere ancora un pochino a giocare. Ma l'aria si rinfresca in fretta e la nonna con una carezza lo convince ad andare.
Scatto una foto a quel che rimane del giorno, poi mi ritiro in casa. Questa camminata mi ha messo fame.



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